Che cosa lega Gaber al Cabaret? Che ruolo ha avuto quel mondo sulla sua formazione artistica? Come si è posto Gaber riguardo al cabaret e ai suoi protagonisti? Con chi ha condiviso quelle esperienze?

Queste sono solo alcune delle domande che hanno spinto l’Archivio Storico del Cabaret Italiano e la Fondazione Gaber a intraprendere questo progetto relativo al binomio Gaber-Cabaret.

In Italia, il cabaret ha avuto la massima espressione a Milano, negli anni’60 del ‘900, sull’onda di quanto avvenuto nel dopoguerra e negli anni ‘50. Si viveva in un mondo diverso, dove le parole controcultura, anticonformismo e sperimentazione avevano un senso, un ruolo e un valore, parole che contraddistinsero un’epoca lontana anni luce dall’aberrazione odierna del “pensiero unico”. Il ricettacolo dove questo background si esprimeva liberamente – nonostante l’occhio vigile e inquisitore della censura – era costituito dai palcoscenici alternativi della Milano di allora.

Al Piccolo Teatro (che diede il “la” al tutto, ospitando il Teatro dei Gobbi e producendo il trio Fo – Durano – Parenti) e al Teatro Gerolamo (che dal 1958 ospitò moltissimi spettacoli di questo genere) si aggiunsero le pedane sperimentali dei primi locali (Santa Tecla, La Muffola) e dei cabaret (Intra’s Derby Club, Nebbia Club, Cab 64, Lanternin, La Cassina di Pomm, Derby Club).

Tutti questi luoghi contribuirono nel determinare un sottobosco vagamente bohemien, influenzato dalle caves esistenzialiste francesi e dai poeti americani della beat generation.  

In questo humus è nato e cresciuto Giorgio Gaber, che non solo ha saputo fare tesoro di quelle esperienze (come fece Brecht con il kabarett tedesco) ma è riuscito anche a darsi un ruolo fondamentale nella diffusione del genere. Infatti, egli portò alla ribalta molti protagonisti in alcuni degli show televisivi che conduceva: Canzoniere minimo (1963), Milano Cantata (1964) e Questo e Quello (1964).

Gaber aveva iniziato come musicista e aveva avuto le prime esperienze con il rock’n roll allora agli albori. Poi si avvicinò al cabaret grazie a Umberto Simonetta e a Maria Monti, grandissima artista sperimentale. In lui confluirono quindi sia le tendenze americane che quelle francesi e in breve tempo divenne un assiduo frequentatore di tutti quei palchi che furono una vera e propria palestra per un’intera generazione di artisti.

L’humus lasciò la sua impronta che fiorì dagli anni ’70 dopo che i locali di cabaret chiusero i battenti con l’avvento del ’68,

Il progetto si propone d’indagare e riscoprire la produzione artistica dei cabaret di quegli anni, attraverso lo studio e la riproposta dell’opera dei protagonisti. Enrico Intra, Enzo Jannacci, Dario Fo, Franco Parenti, Giustino Durano, Franco Nebbia, I Gufi (Gianni Magni, Roberto Brivio, Nanni Svampa e Lino Patruno), Milly, Liliana Zoboli, Laura Betti, Duilio Del Prete, Bruno Lauzi, Cochi e Renato, Felice Andreasi, Lino Toffolo, Walter Valdi, Gino Negri, Paolo Poli, cui potremmo aggiungere i Cantacronache con Michele Straniero e Fausto Amodei e il Nuovo Canzoniere Italiano con Ivan Della Mea, Roberto Leydi e molti altri ancora. Un panorama artistico straordinario sul quale è stato gettato, ingiustamente, un velo di silenzio.

Abbiamo iniziato questo percorso in occasione della manifestazione “Milano per Gaber 2021”, proponendo due eventi: lo storytelling “Cabaret l’Arte Ribelle” (con Flavio Oreglio e gli Staffora Bluzer) e il laboratorio “Dalla periferia al centro” con il quale abbiamo avvicinato un gruppo di giovani a una dimensione artistica a loro pressoché sconosciuta.

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